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Curiosità
30 gennaio 2019
L'Opera, il Battista e i suoi reliquiari
Storia dei reliquiari che puoi ammirare nel percorso di visita del Museo dell'Opera del Duomo, e perché sono importanti per Firenze.
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Seicento anni fa, nel 1419, una preziosissima reliquia di san Giovanni Battista entrò ad incrementare la ricca collezione di reliquie posseduta da Battistero e Cattedrale; queste, sigillate all’interno di preziosissimi reliquiari, erano solite venir esposte in occasione delle maggiori feste religiose della città, mentre oggi, i più artisticamente raffinati fanno mostra di sé nel Museo dell’Opera.

Specificatamente, tra le reliquie che si andarono raccogliendo nel corso dei secoli in Battistero e in S. Maria del Fiore, particolare importanza l’avevano quelle appartenenti ai santi protettori della città. Per comprendere le ragioni della creazione e i significati delle forme di questi scrigni preziosi che conservano testimonianze materiali dell’esistenza terrena del patrono, si deve prima chiarire il significato della reliquia nella vita religiosa del cristiano di quel tempo e si deve tener presente il rapporto storico, culturale e di fede che lega i fiorentini al culto dei loro santi protettori, e in particolare, del Battista.

Chi oggi entra nella Sala ottagonale del Museo, dove si conservano i reliquiari più preziosi del complesso, forse si stupirà nel sapere che questa è una reale cappella consacrata dall’arcivescovo di Firenze card. Florit, e che fu creata, nel 1954, a opera dell’architetto Sabatini proprio per conservare questi oggetti d’arte che contengono frammenti di devozione: nessuna reliquia può infatti essere conservata in luogo non consacrato e senza previa autorizzazione del vescovo. Per la sensibilità moderna l’uso di conservare frammenti corporei o oggetti che sono appartenuti ai santi può apparire incomprensibile, forse addirittura “macabro”, ma si deve considerare la speranza riposta dal credo cristiano nel dogma della Resurrezione dei corpi alla fine dei tempi, secondo il quale permane una relazione tra l’anima del santo in cielo e i resti del suo corpo sulla terra.

Se si considera poi quanto grande fosse la devozione verso il Battista, si può allora intendere quanto fosse importante per i fiorentini ottenere e conservare parti del suo corpo, tra le mura di quella che era - in senso devozionale - “casa sua”.

Di san Giovanni Battista - patrono ma anche precursore di Cristo, ultimo dei profeti e primo dei martiri - il complesso dell’Opera conserva quattro reliquie in altrettanti splendidi reliquiari di diversa provenienza, tempo, forma e materia: in uno se ne conserva la mascella, mentre altri tre ne custodiscono e ostendono parti delle dita delle mani; queste reliquie furono scelte in ragione di loro specifici significati teologici connessi alla vita del Santo: la mascella è quella con cui il santo indicò alle folle il Messia, le dita sono quelle della mano con cui ha battezzato Gesù, e tra queste ha notevole rilevanza l’indice, col quale indicò, rivelandolo, il Salvatore, proferendo le celebri parole “ecco l’Agnello di Dio”.

Per le complesse vicende storiche circa la provenienza di queste reliquie e l’attribuzione dei loro contenitori in metalli preziosi, iniziamo da quella del dito indice del Battista. Come accennato, essa fu donata ai fiorentini dall’antipapa Giovanni XXIII nel 1419; la sua preziosità è corroborata dalla presenza di un'autentica del patriarca di Costantinopoli Filoteo, il quale a sua volta l'aveva donata a papa Urbano V nel 1363. Trafugata, era stata poi recuperata (a caro prezzo) dal Coscia e restituita alla città di Firenze, e la Repubblica l'aveva quindi a sua volta consegnata in forma solenne il 13 gennaio del 1420 all'Arte di Mercanzia. 

L’interpretazione delle fonti successive è complessa e per certo sappiamo solo che nel 1698 fu finalmente realizzato il presente reliquiario per mano di un anonimo orefice fiorentino, su commissione della famiglia Sergrifi. Esso è in lamina d'argento a sbalzo, con parti a fusione, ed è a pianta triangolare. Il piede è piramidale, a facce curvilinee, e si sostiene su due piedini a ricciolo, mentre il corpo è ornato con motivi fitomorfi e Cherubini. Al centro è una cartella recante l'iscrizione dedicatoria con la committenza e la data; lo stelo è breve, con ampio nodo; al di sopra è l'edicola, triangolare, con vetrine in cristallo incorniciate da finte gemme; in apice troneggia una statuetta raffigurante l'Agnus Dei. Quest’ultimo elemento ha un valore specifico riguardo alla reliquia contenuta: il dito indice del Battista è quello con cui il santo mostrò per la prima volta il Cristo, così la reliquia è qui collocata in modo da indicare perpetuamente l’Agnello sul coperchio.

All’interno, nell’incastonatura dell’osso, un’antichissima iscrizione in greco recita un’invocazione al santo che esplicita il significato intimamente devozionale dell’oggetto: “Tu che lavi con le acque la testa, lavami con le acque delle lacrime della penitenza del Signore”.

Una seconda importante reliquia, questa conservata nella Cappella consacrata del Museo, è quella di un frammento osseo, anch’esso, di un dito del Battista. Nel Quattrocento l’arcivescovo Antonino la ricordava pervenuta a Firenze per intermediazione di Pepo di Arnoldo di messer Lapo Ruspi, nobile fiorentino, che l’avrebbe a sua volta ricevuta nel 1392 da un membro della corte dell’Imperatore di Costantinopoli. L’autenticità della reliquia fu poi ribadita nel XVII secolo dal Gigli che, nei suoi Diari senesi, ricordò come essa ben corrisponderebbe alla mano del braccio destro del santo, donato a Siena da papa Pio II nel XV secolo e tuttora conservato nella Cattedrale di quella città.

Il reliquiario che la contiene è in argento sbalzato, cesellato e dorato, con piede a profilo mistilineo polilobato e stelo composto da elementi a prisma, a vaso piriforme e da un raccordo a corolla. Il ricetto è una teca cilindrica in vetro, con copertura emisferica a scaglie, sostenuta da costoloni verticali e sormontata da una statuetta rappresentante il Battista, eretto, con la mano destra alzata benedicente e nell’altra la Croce.

In passato si è creduto, su interpretazione di un documento antico, che il reliquiario fosse opera dell’orafo Matteo di Lorenzo, e lo si datava al 1397; ma la critica più recente ha preferito postdatarne l’esecuzione al XV secolo, riconoscendovi affinità con la Croce d’argento detta “del Pollaiolo” e con il Reliquiario detto “del Libretto”.

Un terzo reliquiario, similmente esposto nella Cappella del Museo, conserva, anch’esso, due falangi di un dito del Battista. Un’antica iscrizione e un’autentica in piombo, all’interno del ricetto, insieme ad altre diverse notizie d’archivio del XVI e XVIII secolo, ce ne chiariscono la provenienza: la reliquia fu donata da Antonio, patriarca di Costantinopoli, a Giovanni Corsini nel 1391, quando questi si trovava alla corte di Costantinopoli in qualità di Gran Siniscalco del regno d’Armenia. Egli l’avrebbe inviata al fratello, cardinal Pietro di Tommaso Corsini, arcivescovo di Firenze che, a sua volta, l’avrebbe destinata alla cappella di famiglia in Duomo, il cui altare fu eretto intorno al 1422: è a questo giro di anni che possiamo riferire l’esecuzione del reliquiario. 

Ma sul nome dell’autore le fonti d’archivio sono davvero complesse e ancora non totalmente interpretate. Risultano i nomi di Guariente di Giovanni, allievo di Ghiberti; e nell’iscrizione del nodo la critica ha creduto di riconoscere i nomi di due orefici, Matteo di Giovanni Dei e Piero di Jacopo detto “Pollaiolo”, che evidentemente lavorarono sull’oggetto nella seconda metà del XV secolo, forse per apportarvi modifiche e restauri. La disarmonia formale dell’oggetto (si noti la sproporzione del piede), lascia supporre che esso abbia subito diversi mutamenti nel corso degli anni, tanto che si è anche ipotizzato potesse esser stato, in un primo tempo, un ostensorio, mutato poi in reliquiario per volontà dell’Arte della Lana, forse in concorrenza con il crescente Tesoro del Battistero.

L’oggetto è in argento parzialmente dorato, con ornato a cesello e smalti traslucidi. La reliquia è contenuto entro un vaso circolare in cristallo di rocca, a sua volta incluso in un’edicola cinta da colonnine tortili con baldacchino ad archi ogivali culminante in un’alta guglia. Lo stelo è composto da due segmenti esagonali, decorati da smalti spartiti da costoloni. Anche il nodo centrale è smaltato e vi corre un’iscrizione, mentre il piede, assai espanso, ha profilo mistilineo, a gradino, ornato nei lobi della parte superiore da altri smalti. Questi elementi pittorici raffigurano i santi protettori di Firenze: la Madonna e il Bambino, Zanobi, tra Crescenzio e Eugenio, Miniato e Reparata, sono opera di un artista fiorentino coevo, e sembrano voler celebrare il Battista quale membro eminente della più ampia famiglia di protettori della città.

Infine, il Museo dell’Opera custodisce un’importante reliquiario della testa del Battista (a maggior ragione preziosa perché il santo subì il martirio per “decollazione”), e precisamente quella della sua mascella, per mezzo della quale predicò alle folle “preparando la via al Messia” e con la quale poi indicò il Cristo ai discepoli. La reliquia fu donata nel 1394 al Battistero di Firenze, insieme ad altri tesori, dalla nobildonna veneziana Nicoletta Grioni, per riceverne in cambio vitalizio di vedovanza alla morte del marito Antonio. Questi, in qualità di alto funzionario alla corte di Bisanzio, aveva a sua volta ottenuto questi preziosi oggetti dall’imperatore Giovanni VI Cantacuzeno. Nel XVIII secolo il Richa riferì di un confronto probatorio avvenuto nel 1423 a Roma, in occasione del quale si accertò come la mascella combaciasse con la reliquia della testa del Battista, conservata nella chiesa di San Silvestro. 

Il reliquiario è in argento e rame, con parti sbalzate e altre fuse. Il piede è esagonale, a tronco di piramide, con facce spartite da volute; lo stelo si compone di un piedistallo esagonale con volutine angolari, quindi di un elemento sferoidale schiacciato e di una sezione a balaustro, ornata da foglie e con capitello a corolla. Il ricetto è architettonico, in forma di edicola circolare con vasi fiammati, arcate spartite da semicolonne e copertura a podio circolare, segnata da creste a voluta, alternate a cherubini. In apice, su un secondo podio, è una statuetta del Battista, in pelle di cammello, con la croce. Il reliquiario ha forme dal valore altamente simbolico: il tempietto circolare è un rimando alle grandi basiliche romane, ma anche ai cibori, che proprio in quegli anni di Controriforma assumevano nuova centralità nell'architettura e nella liturgia cattolica. 

Infine, il tempietto è un riferimento al Corpo di Cristo e alla sua Resurrezione; tema importante in relazione a una reliquia, per i concetti detti, e per il rimando al Vangelo: "Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo ricostruirò”. 

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